Votes taken by .Alexandra.

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    Thirty seconds to mars — The race
    Francis Lukas Shaw
    sensate
    C’è chi avrebbe trovato la sua vita incredibilmente noiosa, statica, inadatta a qualcuno che aveva l’età e l’aspetto di uno che avrebbe potuto conquistare il mondo se solo lo avesse voluto. Ma ci sono diversi modi di conquistarlo, e Francis, nel suo piccolo, era fiero del posto che occupava nel mondo. Mentre per altri spaccarsi la schiena ogni giorno per sistemare gli argini, riparare le turbine e le saracinesche idrauliche sarebbe stato un lavoro senza prospettive, umile e persino noioso, Francis amava tutto quello, il ronzio dei motori che combattevano la corrente del fiume, i momenti che trascorreva all’aperto, il silenzio interrotto solo dal rumore dei suoi strumenti all’opera, la manualità che gli permetteva di risolvere i problemi. Francis era questo: silenzio e soluzioni. Silenzio che da qualche mese a questa parte, veniva puntualmente interrotto da un sovrastare di voci che solo lui poteva sentire e non attraverso il tradizionale organo di senso adibito all’udito, ma nella sua testa. E quella voce ormai sapeva bene a chi apparteneva. ”beh tutte fighe nella nostra cerchia... per fortuna almeno non mi sorbirò uno scorfano!” per quanto avrebbe voluto mettere a tacere quella voce inevitabilmente Francis si ritrovò seduto su un divano accanto a Ivan e ad una ragazza dai tratti ispanici apparentemente spaesata. La ricordava quella sensazione, fin troppo bene. ”Sempre il solito galantuomo... mi sorprendo che ancora non ti abbia schiaffeggiato.” a differenza di Ivan Francis aveva un rapporto ben più freddo con le donne, nient’affatto basato sulla confidenza, non perché avesse qualcosa contro di loro, anzi, le reputava di gran lunga superiori agli uomini, nemmeno ne era intimorito perché Francis non aveva mai paura e non aveva nessun motivo per nutrire tale sentimento nei loro confronti. Quindi dove era il problema? Il problema era che lui era così con chiunque, uomini e donne, indistintamente. Francis era un lupo solitario, uno che preferiva il silenzio della propria abitazione al caos della vita quotidiana, quella piena di gente, feste e appuntamenti e che tutti, a differenza sua, sembravano rincorrere così affannosamente. Era così abituato a stare da solo e a mantenere segreti da avere difficoltà a interagire con altri esseri umani ed era fermamente convinto che a ventotto anni suonati niente e nessuno avrebbe mai potuto cambiare questa sua inclinazione. E non era nemmeno necessario, infatti lui non sentiva il bisogno di questo cambiamento che gli altri sembravano desiderare per lui perché Francis stava bene nella sua pelle e dal suo punto di vista ciò era quanto di più auspicabile per ogni essere umano. Questo spiegava anche la sua ostilità verso la sua nuova condizione, quel suo essere un homo sensorium, una cosa da film di fantascienza che invece era capitata proprio a lui che era quanto di più realista e razionale potesse esserci. Francis era per le cose pratiche, concrete, quelle che vedi e tocchi, non quelle che stanno nella tua testa, persino a dieci anni mentre tutto i suoi compagni di classe leggevano fumetti sognando di diventare supereroi lui pensava che gli x-men fossero una cavolata da bambini. E invece adesso quelle cavolate, quelle fantasie che lui aveva sempre snobbato, erano diventate la sua realtà, l’ennesimo segreto da custodire gelosamente per non rischiare di essere ricoverato nel reparto psichiatrico di qualche ospedale. I suoi genitori gli dicevano sempre che se non fosse stato per la rapina avrebbe continuato ad essere il ragazzino sorridente di sempre ma lui non lo credeva. No, Francis era convinto che qualunque fosse stato il suo passato, lui sarebbe sempre stato così perché non accettava l’idea di essere schiavo di quanto accaduto.
    ”Tu devi essere Reira...” quella cosa, il fatto di sapere chi avesse davanti a sè pur non avendolo mai visto prima, era una cosa che lo inquietava ancor più del potersi trovare sia nel soggiorno di Ivan che in una specie di cantina che al cantiere tutto nello stesso momento, e non poteva fare a meno di pensare a quando la prima volta uno di loro lo aveva chiamato col suo vecchio nome che non sentiva pronunciare da anni, Lucas. ”Sono Francis. Scusa...” avendo le mani sporche le pulì alla bell’e meglio sui jeans per poi porgliene una e tornare a incrociarle al petto. Non sapeva il perché della sua presenza lì, non era esattamente la persona adatta a presentare la situazione alla nuova arrivata. Non era proprio la persona adatta a interagire con le persone in generale, ma d’altronde nemmeno Ivan lo era a quanto pareva. ”L’hai traumatizzata vero?” non sapeva ancora come comportarsi con Ivan, non era sicuro che sarebbero andati veramente d’accordo, soprattutto se iniziava a chiamarlo ogni volta che aveva bisogno di una mano. ”Non per essere scortese, ma sto lavorando, quindi potrei sapere perché sono qui?” il tono era pacato, gentile ma anche pratico, ma malcelava un po’ del disagio che provava ogni volta che qualcuno si intrufolava nella sua testa invadendo il suo prezioso spazio personale.
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    Travis Umano Single Cluster 28: XX Miami
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    Come si chiama quando va tutto bene? Alcol. Si chiama alcol.
    Brody aveva poco da prenderlo in giro, anche perché in quel momento Travis stava proprio pensando a quanto lui e quella ragazza sarebbero stati perfetti insieme. Insomma, se era amica di Zelda sicuramente non era una tipa troppo strana visto che sua sorella era piuttosto insofferente verso il genere umano, e poi una così carina doveva per forza essere adorabile, no? In più poteva ricevere le dritte per conquistarla evitando di fare casini questa volta. ”Oddio ci hai pensato anche tu??? Sarebbero bellissimi vero? Già me li vedo. Biondi come me ma con i suoi occhi e quel nasino delicato. Un maschio e una femmina, ovviamente, e si chiameranno Andy e Terry e...” ormai era partito per la tangente e difficilmente lo avrebbero fermato. Travis aveva l’innamoramento facile, vedeva una ragazza carina, simpatica e si prendeva una cotta colossale per poi, nella maggior parte dei casi, prendere una cantonata colossale che finiva nel dimenticatoio insieme a tutte le altre, almeno fino a quando Rex o Brody non l’avrebbero ritirata fuori per potersi prendere gioco di lui, cosa che non accadeva così di rado. Però ogni volta Travis credeva veramente che fosse quella giusta, quella per cui imparare a fare qualcosa solo per farle piacere e poco importava se, come nel caso specifico, la ragazza in questione fosse fidanzata perché, come diceva sempre Travis, le coppie si lasciano continuamente, migliaia di storie d’amore apparentemente perfette si concludevano ogni giorno per i più svariati motivi, ti pare che proprio Bambi e Max dovevano essere solidi? ”A proposito Brody, controlla se mi sta guardando. Mi sta guardando? Eh? Eh?” ma non doveva sembrare un maniaco, no, anzi forse doveva smettere di guardarla, anzi forse doveva proprio ignorarla... si, era la cosa giusta da fare, in genere le ragazze erano attratte dai ragazzi che sembrano disinteressati nei loro confronti... o almeno così aveva letto sempre su quel famoso Cosmopolitan.
    ”Tu invece chi hai puntato Rex? Ti prego, ti prego, non dire mia sorella. Potrei vomitare.” aveva intenzione di mettere bene in chiaro che sua sorella era off limits, stava lentamente iniziando a pensare che Zelda sarebbe stata bene all’interno di una campana di vetro, una di quelle belle solide, infrangibili, a maggior ragione se aveva intenzione di andare in giro così svestita. Ma Rex poteva avere qualsiasi ragazza volesse quindi confidava nel suo buon senso e nella sua amicizia. ”e comunque no, niente Nancy,voglio mirare in alto....” Travis sbuffò, agitando una mano come a dire di non esagerare. ”Mò... in alto è un parolone... ricordati che non sei nè il più bello,” indicò Rex, ”ne il più simpatico... “ e indicò se stesso, ”ma solo il più scemo... e comunque...” aggiunse osservando la ragazza tettona di cui Brody parlava, che si, in effetti aveva proprio un bel personale, ” Dici quella che sta guardando Rex? Temo proprio che dovrai puntarne un’altra...” se la rideva allegramente a spese dell’amico, o almeno così fece finché non si rese conto dell’ostacolo che il terzo costituiva per loro. In una situazione normale non si sarebbe fatto problemi, se Rex rimorchiava più ragazze di loro pazienza, tanto alla fine della fiera sempre single come loro restava, ma adesso era in corso una gara e non voleva assolutamente arrivare ultimo. Al massimo secondo. ”Senti Rex, stavo pensando, ti vedo un po’ strano, perché non ti vai a fare un giro fuori? Prendi un po’ d’aria no? anche perché ci rovini la piazza!” Travis doveva lavorarsele le ragazze, non cadevano subito ai suoi piedi, anzi in genere ci voleva un po’ a farle capitolare perché lui era un maratoneta, era quello che tappa dopo tappa, appuntamento dopo appuntamento, riusciva a fare breccia nel cuore delle ragazze grazie alla sua tenerezza impacciata, alla sua simpatia e si, anche alla sua idiozia. Sempre che non mandasse tutto a puttane prima, ovviamente.
    Nasci. Cresci. Mai na gioia. Mai na gioia. Mai na gioia. Muori. Mai na gioia.
    ©Scheme Role by Amphetamines' - Vietata la copia anche parziale.
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    Eleni “Cuore mio. Quell’uomo è il cuore mio.”
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    Oggi è il compleanno di questi due bellissimi Cupcakessss nonché best friendsss! Amateli

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    Ecco a voi Ercole, il maialino di Eleni 😂

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    Io continuo a mettere meno roba possibile in valigia per poterla riempire di regali e souvenir
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    Girlsss domani parto e torno giovedì quindi... vediamo se riesco a concludere qualcosa stasera, sennò cià <3
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    Questa ragazza ci darà grandi soddisfazioni. Me lo sento
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    Carin Larsson
    Sensate
    Distinguiti, non confonderti
    Carin Larssonnon era una giramondo, non era una di quelle che sentiva il bisogno di una vacanza ai Tropici per poi mostrare le miriadi di foto scattate ai suoi amici e perdersi nei ricordi di esperienze spensierate. Carin amava casa sua, amava il freddo e la tranquillità della sua vita ben organizzata. L'unica cosa che periodicamente l'allontanava da casa era la sua passione per il free-climbing, ecco, in quel caso c'era in lei un vero e proprio bisogno di testarsi, osare, sentire l'adrenalina scorrerle nel corpo e i muscoli indolenziti. Il Pinnacle in Michigan, l'Indian Creek nello Utah, El Chorro in Spagna, erano solo alcune delle cime che negli ultimi anni aveva affrontato, da quando Viktor l'aveva iniziata a quello che per lui era un hobby per occupare il tempo di tanto in tanto e che lei aveva trasformato in una vera e propria passione. E quando la sua passione l'avvicinava ai suoi compagni di cluster allora Carin ne approfittava per incontrarli, specialmente quando si trattava di Kenneth, perché sì, condividere il legame del cluster era qualcosa che andava ogni possibile descrizione, le parole sembravano non bastare a descrivere quello che si provava, la sensazione di essere oltre, oltre i propri limiti fisici e spaziali, oltre ogni logica. Ma avere fisicamente vicino quelle persone, poterle abbracciare veramente e sentire, sapere che loro erano veramente lì con te, era qualcosa che persino una poco romantica come Carin apprezzava.
    Quella volta aveva intenzione di trascorrere qualche giorno fra le cime del deserto del Nevada, al Red Rock Canyon per la precisione, ma non c'era alcuna possibilità che trovandosi in Nevada non passasse qualche giorno a Las Vegas da Kenneth. La loro amicizia, ad un'occhio esterno, poteva far sorridere: si trattava di due persone estremamente diverse, che spesso si perdevano in battibecchi per lo più provocati da Carin e dalla sua difficoltà nell'accettare di non avere sempre l'ultima parola, ma allo stesso tempo simili sulle cose che contavano, prima fra tutte Kalinda. Carin non aveva uno spiccato istinto materno, forse perché non aveva mai avuto una figura genitoriale di riferimento, Madalene e tantomeno Bjorn, non erano esattamente tagliati ad avere figli, o forse era proprio lei ad essere così, a non sentire questo bisogno viscerale di lasciare una traccia nel mondo, fatto sta che la bionda teneva ai piccoli umani esattamente come ai grandi umani, non faceva moine idiote quando ne incontrava uno nè giocava a nascondino coprendosi la faccia con un tovagliolo solo per farli ridere. Lei e Victor non avevano mai parlato seriamente di avere dei figli, erano troppo concentrati sulla loro vita, non avevano mai sentito il famoso orologio biologico ticchettare e pensavano di avere tutto il tempo del mondo per mettere in pausa la loro carriera. Erano ambiziosi, lo erano sempre stati e quella scelta in fondo era stata una benedizione perché nessun bambino era dovuto crescere con un padre in carcere, ma quella bambina costituiva un'eccezione, era una piccola Lupita, Carin poteva leggerglielo nello sguardo fiero nonostante la giovane età ancora spensierata, ed era sveglia, una bambina incredibilmente intelligente con cui era piacevole stare insieme. Il weekend era stato quindi ben organizzato, proprio come piaceva a Carin, del tempo "in famiglia", l'unica vera famiglia che avesse mai considerato tale, senza imprevisti e intromissioni esterne.
    Quando arrivava a Las Vegas, complice il caldo umido a cui non era affatto abituata e il fatto che comunque si trovasse nella città del peccato, Carin abbandonava i suoi amati leggins e le scarpe da ginnastica in favore di un look un po' più frivolo, non le piaceva affatto essere un pesce fuor d'acqua e la vita condotta ai tempi del matrimonio aveva comunque lasciato degli strascichi, come il fatto che per ogni ambiente esiste un certo dress code. Perciò si, quella sera si sentiva piuttosto bella nel suo vestito arancione. Varcò la soglia del The Palazzo, l'imponente casinò secondo per altezza in tutta la città, venendo investita dalla famigliare aria di svago, denaro, divertimento e follia. Aspettò per un paio di minuti Kenneth, guardandosi intorno, ma glielo lesse subito in faccia che c'era stato qualche imprevisto. "Non mi stai dando buca, vero Kenneth?" lo anticipò ancor prima che potesse aprire aprire bocca. il suo tono più che minaccioso era inquisitorio, "Sai che non esiterei un momento a venire a controllare cosa tu stia realmente facendo." aveva incrociato le braccia e aveva messo su la sua tipica espressione da "mamma" in ascolto dell'ennesima giustificazione del figlio combina guai mentre ascoltava la spiegazione di Kenneth. In realtà sapeva benissimo quanto anche lui tenesse al loro weekend e quanto si impegnasse nel proprio lavoro, soprattutto quando questo poteva giovare alle persone comuni e non hai pezzi grossi dell'industria del gioco. "D'accordo! D'accordo! Ma sappi che non potrai sempre corrompermi con dell'apple Martini." lo seguì, convinta di essere diretti verso il bar e non verso qualcuno di preciso. "Non ti azzardare." aveva parlato a mezza bocca non appena intuite le intenzioni dell'altro, poteva benissimo aspettare da sola, non aveva bisogno di qualcuno che le facesse da babysitter. Sorrise, non il sorriso più sincero del mondo, tendendo la mano all'uomo che Kenneth aveva appena interrotto qualsiasi cosa stesse facendo, "Piacere, Carin." girando subito il volto verso l'amico con uno sguardo assassino, non capendo dove volesse andare a parare. Era una cosa che Carin non sopportava, persino le sue clienti provavano a proporle degli uomini. Chissà per quale oscuro motivo le persone sentivano il bisogno di vederti felicemente accoppiata con qualcuno non appena scoprivano che eri single. Era per caso una malattia? Non avere un uomo la rendeva commiserabile? Kenneth però non era tipo che perdeva tempo in questi giochetti, quindi voleva credere nella sua buona fede e fingere che tutto quello fosse un caso.
    code made by zachary, copia e t'ammazzo©
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    Addio
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    L'unica cosa bella di questa serata <3
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    Vè?? L'ho guardata per non so quanto tempo
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    L figaggine
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    Persone equilibrate
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    Faremo la guardia al forte boss
24 replies since 9/11/2013
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